Anche il quinto giorno è finito e la
stanchezza inizia a farsi sentire!!!
La sveglia stamattina è suonata molto
presto perchè la meta da raggiungere era lontana rispetto al nostro
albergo. Infatti dopo la consueta ricca colazione, alle 9, ci siamo
incamminati verso la tramvia per prendere il metro-bus che ci avrebbe
accompagnato alla fiera “clothing machinery”.
Il viaggio è stato faticoso perchè
l'autobus era pieno di gente (infatti siamo dovuti stare in piedi) ed
è sembrato interminabile; ne è valsa la pena, comunque, perché non
ci aspettavamo una quantità così varia e sorprendente di
macchinari, ognuno pensato per un particolare tipo di lavorazione,
applicazione od effetto. Infatti anche se le macchine si
assomigliavano, ognuna di essa svolgeva un' operazione diversa. Alla
fiera abbiamo incontrato diversi imprenditori, tra cui un veneto, che
ci ha illustrato le sue macchine. Abbiamo girato molti stand tra cui
quello delle macchine da cucire, del reparto stiratura, del ricamo,
dei tessuti e del denim. Qui mi ha impressionato molto la macchina
che viene usata per “strappare” i jeans che, attraverso raggi
laser dà fuoco alla tela. Dopo la visita ai padiglioni, decidiamo di
pranzare in un punto di ristoro all'interno della fiera “
Piazzaci”, nel quale preparavano anche la pizza all'italiana; non
vedevamo l'ora di mangiare italiano e piene di nostalgia abbiamo
ordinato la pizza, che però si è rivelata una delusione. Così
abbiamo imparato che è proprio vero il detto “paese che vai, cibo
che trovi” e che in un paese straniero vale la pena mangiare le
pietanze locali.
Il ritorno è stato estenuante come
l'andata a causa della stanchezza, infatti alcune di noi hanno deciso
di andare a riposare in hotel insieme al professor Lenzi.
Altre, invece, hanno deciso di
proseguire la visita della città insieme alla professoressa
Morellato. Con lei ci siamo precipitate alla Moschea Blu da noi
tanto bramata. Eravamo certe che ci saremmo trovate davanti a una
struttura incredibile, ma non ci aspettavamo così tanto splendore e
immensità. La moschea è chiamata “blu” a causa dei suoi
interni rivestiti di ceramiche fiorite tutte tendenti al blu, è
molto grande, ma di domenica è molto frequentata anche da visitatori
locali oltre che da turisti! La cosa che salta all'occhio è la
separazione tra donne e uomini nel momento della preghiera,
separazione che appartiene alla religione musulmana e che è presente
in tutte le moschee. Un altro aspetto che ci colpisce sono le sue
decorazioni, perché nessuna delle moschee viste finora ci è apparsa
così ricca e carica di colori.
Al termine
di questa visita abbiamo seguito la professoressa che desiderava
assaggiare una specialità chamata Balik Ekmek (o qualcosa del
genere), cioè un panino con il pesce che arrostiscono per la strada.
Dopo aver assaggiato questa
“specialità” ci siamo recate a Beyoglu dove ci siamo potute
sbizzarrire con un po' di shopping! É stato molto liberatorio e
gratificante riuscire ad acquistare pensierini tipici turchi.
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