Mercoledì 23 aprile
Ci vogliono molte ore per arrivare a
Istanbul, soprattutto se, partendo da Firenze, si passa da
Francoforte. Per qualcuna di noi l'esperienza del volo è stato un
battesimo. Bello volare! Ma c'è chi preferisce stare con i piedi per
terra. Al primo impatto siamo spaesate, le valigie ingombrano, non
siamo sicure del mezzo da prendere, né di come fare i biglietti,
l'aria è calda e appiccicosa.
Dopo un'ora di sudata e camminata
arriviamo all'albergo. L'accoglienza è fantastica, i turchi sono
molto gentili, ci portano le valigie in camera. Ci dobbiamo riposare
dopo la levataccia delle 3,30. Rinfrescare. Poi una passeggiata di
orientamento a guardare le strade, i palazzi, i volti di questa gente
nuova. Qui si vende di tutto: intorno al nostro quartiere sembra che
siano specializzati in ricambi per auto, fanali, pezzi di
carrozzeria. Ci sono ambulanti ovunque: chi vende cellulari, chi
pulisce le scarpe, chi ci propone cozze al limone. C'è aria di
festa, l'abbiamo già notato arrivando in aeroplano, la città è
addobbata di enormi bandiere turche calate sui palazzi, un modo per
imparare subito a conoscerle, rosse con la mezzaluna e la stella. Un
rumore diffuso: dai clacson incessanti e persistenti al tintinnio dei
cucchiaini nei bicchierini di tè, il chai che i turchi
bevono ad ogni angolo di strada. “E' una città in bilico tra
tendenza e tradizione” ci dice Ilenia che ha cercato di informarsi
prima della partenza. Forse. Non capiamo ancora bene cosa significhi.
Certo, che è una città complessa e pluriarticolata si capisce
subito. Sedici milioni di persone, con le periferie si arriva a 20.
Quanto Toscana, Lazio e Lombardia messe insieme, credo. Sembra di
stare a New York, solo è più sporca. Ma chi c'è mai stato in
fondo? Chi sa cosa c'è dietro le immagini patinate delle cartoline?
Una città è ben altro. Colpiscono gli enormi palazzi moderni, ma
allo stesso tempo antichi, cadenti e pieni di insegne, gli
innumerevoli gatti che girano per le strade, i bambini sporchi che
chiedono elemosina riscaldandosi sotto tappeti altrettanto sporchi.
E' la loro giornata, scopriamo. La festa nazionale dei bambini,
voluta da Ataturk, in concomitanza con la festa di indipendenza
turca.
Ci siamo anche infiltrate in una
piccola sagra di quartiere. Ci accorgiamo delle differenze dei prezzi
bassi: 3 bottigliette di acqua 1,50 lire turche, circa 80 centesimi
italiani.
Non si trovano molti cestini della
spazzatura per strada, Viola ci racconta che in passato sono stati
usati dalla mafia turca per alcuni attentati che hanno colpito i
passanti, ha visto un video su Youtube.
La cena è molto piacevole, i camerieri
molto disponibili e gentili, servono anche l'acqua nei bicchieri e
ogni cosa, quasi maniacalmente. Sono molto servizievoli. Mentre
mangiamo ci osservano per capire ciò che ci può piacere o non. La
professoressa Morellato ci ha detto alcune espressioni turche. Quando
diciamo grazie – tescekurederin (non si scrive così) - sono
contenti.
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